AH BEH, CON LA GINOCCHIERA

Hot topic del momento… Vogliamo parlarne? E parliamone!

Recentemente ho avuto l’occasione di fare una chiacchierata con Alberto Milani su ClimbingRadio e mi son nati alcuni pensieri. Partiamo da un presupposto: questa è una discussione a tema etico e, come è risaputo, l’etica è un concetto strettamente personale e soggettivo. Ci sono cose che assolutamente non vengono accettate, da  nessuno in nessuna maniera e senza nessuna scusante: scavare o migliorare le prese, toccare il pad (anche se è solo sfiorato, anche se non aiuta, anche se, anche se…), tirare i rinvii, partire da mezzi accovacciati se è sit, usare più pad per partire sit, fare il giro a casa di Giove per eludere il crux e similari. Ci sono cose che invece vanno un po’ da persona a persona: i primi rinvii passati, i segni di magnesite, la liquida su roccia, i ventilatori, la ginocchiera, la musica. Un bel minestrone…

L’etica, oltre ad essere personale, è una cosa che si evolve con il climber. Se da neofita scali con uno che tira i rinvii, appenderti a due mani ad ogni fettuccia che incontri ti sembra normale. Se hai la fortuna di scalare con personalità integerrime, la tua etica sarà più ferrea da subito, altrimenti dovrai pian piano aiutarti da solo per crescere. Io stesso negli anni ho commesso errori che ora non rifarei, penso sia normale e che succeda a tutti. Le gare mi hanno insegnato però che tanto è inutile barare, i risultati ricercati barando non arrivano mai. L’agonismo, ancora una volta, si rivela la miglior scuola. I campioni, che non sono semplicemente quelli che fanno belle performance, ma quelli che fanno qualcosa per far crescere il movimento (vedo tanti bravi scalatori, ma pochi campioni) hanno l’onere e l’onore di dare con il loro operato l’esempio alle nuove generazioni. Per fare un esempio, una persona come Paolo Leoncini ha avuto un ruolo fondamentale nel mio percorso, a livello di ispirazione e di aspirazione, seppur non sia stato il più forte climber del mondo. Contrariamente, molti climber, anche più forti di Paolo, mi repellono e basta, nonostante siano capaci di ottime salite. La persona conta più dei numeri.

Sulla scia del ragionamento sulla persona singola, mi sono spesso interrogato su quanto sia lecito utilizzare attrezzatura di nuova generazione che effettivamente agevola l’arrampicata. Mi sono interrogato sulle regole del gioco, su come si evolve il mondo in questi anni, sugli errori commessi in passato, cercando di imparare e di ponderare la mia opinione, senza farmi condizionare da stati d’animo dettati da amicizia, gelosia, antipatia e quant’altro. Ebbene, l’illuminazione mi è arrivata durante una intervista con Albertaccia, che ancora ringrazio per avermi dato l’occasione di fare quattro chiacchiere. Alla base di tutto, secondo me, c’è il rispetto. Il rispetto si può dare, si può guadagnare, si può negare. Io stesso non provo il benchè minimo sentimento di rispetto di fronte a molti top climber, che reputo vacui e superficiali. Il rispetto risiede nei modi, sono sempre i modi a definire l’uomo.

Contrariamente a quanti molti pensano, ripetere oggi un tiro storico degli anni 90 non è minimamente paragonabile alla performance del primo salitore. Parlando con Seve, ci siamo trovati d’accordo sul fatto che ripetere oggi Noia non è paragonabile in termini assoluti con la performance che lui ha effettuato decine di anni fa. I mezzi, la visione, i limiti… Non parlo di kneepad o di ventilatori, parlo di mettersi le scarpette, legarsi e partire sul tiro. Già solo per questo, un ripetitore di un’epoca diversa da quella della FA dovrebbe stringere la mano al primo salitore, senza andare ad impelagarsi nel ginocchio, nel ventilatore, nel video imparato a memoria. Già solo sapere che uno è salito prima di te, cambia le carte che hai in mano. Ma passiamo ai giorni nostri. 

Kruder ha recentemente ripetuto un 9a storico, senza utilizzare la ginocchiera e “denunciando” il fatto che con il kneepad il tiro non è 9a, quindi uno non la deve usare e se la usa non deve darsela 9a e se la usa manca di rispetto al primo salitore e non vale e non va bene. Fermo restando che stimo molto Krudi per ciò che ha scalato, ciò che ha vinto, per le sue doti canore sotto i sassi nell’RMNP, parlo di lui, per due motivi. Il primo: giù il cappello per aver espresso la sua opinione sul knee pad, indipendentemente da come uno la pensi. Se uno ci mette la faccia, merita rispetto.Il secondo motivo è: non puoi obbligare qualcuno a fare qualcosa che secondo la tua etica è più corretto (limitiamoci alla scalata, che c’è già tanta ciccia sul fuoco). Puoi dare il buon esempio, ma secondo me costringere qualcuno a fare qualcosa è sbagliato, ed ora parlo più ampiamente che il singolo Kruder. Se tu non sei d’accordo con la ginocchiera, non usarla, fine. Non c’è alcuna utilità nell’alimentare sterili polemiche a riguardo. Tutti usiamo scarpette più avanzate, magnesio più ricercato, creme per seccare la pelle… Eppure nessuno dice nulla a riguardo! Il processo di evoluzione che riguarda i materiali c’è, è costante ed è pressoché infinito. Una Drago è sicuramente più performante delle Laser che si usavano trent’anni fa, e quindi no dovremmo usarle? Per ripetere le vie di Bonatti, dovremmo legarci con il canapone e usare gli scarponi di cuoio?

La ginocchiera aiuta, è vero, non poco. Bisogna però anche saperla usare, prenderci la mano, abituare l’occhio. Dove molti climber vedono una minaccia all’integrità dei tiri storici, io preferisco vedere modernità. Vedo un tiro che ha trenta, quarant’anni che è ancora moderno.  Vedo che i climber hanno voglia di cimentarsi e scoprire com’era l’arrampicata, vedo vie che tengono botta e rimangono il sogno di molti. Noia, per esempio, rimane un sogno erotico di molti climber, sebbene non sia più la via più dura d’Italia e nemmeno più di Andonno. Sono convinto che Seve sia felicissimo di vedere i giovani ripetere il suo tiro, con la consapevolezza di aver liberato una cosa visionaria negli anni 90. E se qualcuno usa la ginocchiera per salire, chissenefrega. Seve (continuo ad usare lui per esempio perché c’è un certo tipo di confidenza) ha fatto una cosa che non è minimamente comparabile con le salite di oggi e questo aspetto non è sicuramente messo i dubbio da uno che incastra il ginocchio. Sharma veniva criticato perché non usava i piedi. Ora Sharma è considerato the GOAT. Il poliuretano fa schifo, meglio la resina. Esiste quasi solo più poliuretano. I salti non sono arrampicata. I ragazzini oggi saltano come se nulla fosse e le tirano come i climber old school. Le cose cambiano, i tempi vanno avanti e il mondo corre ad una velocità spaventosa. Chi si crogiola nei fasti del passato perde solo occasioni. Specialmente se i fasti sono quelli di altri, tra l’altro. 

Quindi bisogna utilizzare la ginocchiera sempre? E sempre il ventilatore? Ovviamente no, ci mancherebbe. Ciò che voglio dire è semplice: ci sono cose gravi, che è ovvio che non siano lecite. Scavare, modificare l’ambiente, migliorare gli appoggi. In breve, i comportamenti sbagliati sono quelli che, dopo il mio passaggio rendono diversa la linea. Non parlo solo di una presa scavata, ma anche banalmente di un landing spianato sotto una highball che già era stata salita. Nel momento in cui invece uno usa un ventilatore, un kneepad, un tick più lungo… E’ la sua etica. Pochissimi di noi climber, parlo di leggende internazionali che hanno fatto la storia, possono permettersi di criticare. Una volta che segui la linea, senza sconfinare in altri passaggi, ma trovi un metodo più facile, che male c’è? Se tu sai incastrare, io no, e passi con un beta più facile, che male c’è? Bella per te, io imparerò. C’è davvero bisogno di alimentare polemiche su chi usa cosa quando e perché? E soprattutto… Vogliamo fare i mega puristi assoluti? Allora utilizziamo gli stessi identici mezzi dell’epoca. Stesse scarpe, stesse difficoltà nel progredire con l’allenamento, l’ignorare se una linea sia salibile o no… E’ impossibile? Ma va? Ma pensa.

Il rispetto sta nei modi. Scalare oggi Noia, continuo sulla scia, con uno stile moderno, è un omaggio a Seve, non una mancanza di rispetto. Salire con un nuovo metodo e avere l’umiltà di dire che si ha ripetuto la via, ma che con quella modalità risulta più facile non è mancare di rispetto. Occorre però inchinarsi al primo salitore e complimentarsi per il suo operato. I top climber, vedi Skofic a Flatanger, lo fanno spesso. L’ho fatto con, senza come l’hai liberato è durissimo, complimenti! Fine. Già solo il sapere che uno prima di te è passato cambia le carte, come dicevo poc’anzi. Le polemiche sono per i poveri nei modi. Uno scalatore, specialmente se è un bravo scalatore, dovrebbe a parer mio dare il buon esempio con le azioni e esprimersi con dei modi che troppo spesso vengono dimenticati. Il mondo va avanti, nessuno vuole rimanere indietro, ma quanti, effettivamente, ci rimangono?

Pubblicato da Alessandro Palma

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